Casa Vittoria compie 34 anni

Un giorno speciale, 17 novembre 2023

Nel 1989 è stata aperta come casa per accogliere persone malate di AIDS, da accompagnare negli ultimi momenti di una vita fatta di sofferenza, fragilità ed esclusione. In questi anni sono cambiate tante cose: da luogo per l’accompagnamento al fine vita, è diventato casa di accoglienza. Oggi accoglie infatti persone ammalate, anche HIV positive, che necessitano di essere accolte perché in difficoltà, ma che possono avere obiettivi diversi.

Molti ospiti entrano con uno stato di salute compromesso, e necessitano quindi di un importante supporto anche dal punto di vista medico. Alcuni rimangono a lungo: sono affetti da patologie invalidanti che rendono loro impossibile un’autonomia. Altri rimangono per periodi brevi, il tempo necessario per curarsi, riprendere fiducia e ripartire. Le persone vengono segnalate dai reparti di Malattie infettive, dai servizi sociali o dai SerD.

Casa Vittoria si prende cura di un piccolo numero di persone, non più di 14, perché questo permette una conoscenza reciproca e dà la possibilità di essere casa. 

Si condividono i vari momenti della giornata, in particolare il momento dei pasti, perché mangiare insieme ci fa sentire più uguali.  A Casa Vittoria si può discutere, anche arrabbiarsi, ma non è accettata nessuna forma di aggressività. Ci interessa la storia di coloro che arrivano, ma stiamo attenti a non giudicare nessuno. 

Le persone che lavorano sono una decina, ciascuna con competenze professionali specifiche (oss, infermiere, cuoco, medico e così via), accomunate dalla voglia di ascoltare e dalla consapevolezza che anche la persona apparentemente più scostante ha un forte bisogno di sentirsi rispettata ed aspettata quando i suoi tempi non corrispondono ai nostri. Alcuni volontari, preziosi, si occupano di animazione e ci aiutano a trovare nuovi attività da poter condividere con le persone accolte. 

Ma per raccontarvi Casa Vittoria, più che i dati e i numeri abbiamo pensato fosse importante far parlare direttamente chi la vive tutti i giorni:

“Non sappiamo cosa siamo, ma possiamo dirvi cosa non siamo e, forse, cosa vorremmo essere.

Ospitiamo ammalati, ma non siamo una casa di cura; accogliamo persone con dipendenze, ma non siamo una comunità; alcuni vengono dal carcere, ma non siamo una prigione; c’è chi soffre di disturbi psicologici o psichiatrici, ma non siamo un centro di salute mentale; non siamo molto intelligenti, perché la ripetitività non ci fa sbuffare.

Siamo persone fragili, a volte confuse, che alternano stati d’animo diversi.

Ognuno ha la sua storia e tutti hanno il diritto di essere ascoltati.

Ci arrabbiamo, a volte litighiamo, ma ci sforziamo di non chiudere le porte, di lasciare uno spiraglio attraverso il quale sia possibile rincontrarsi.

Non siamo la famiglia di nessuno, perché ognuno ha la sua famiglia, a volte un po’ sgangherata, ma ce l’ha.

Abbiamo il sogno di essere una Casa, e qualche volta, ci sembra che il sogno si avveri.

– Casa Vittoria –