Una storia di coraggio e speranza: Nelea e Iulian

Affrontare la disabilità oltre confine

“Vorrei tanto dimenticare, ma è impossibile”

La vita di Iulian e della sua mamma, Nelea, è iniziata in salita. Iulian è nato nel 2009 in un paesino della Moldavia e fin dal suo primo respiro ha dovuto lottare: durante il parto il cordone ombelicale è rimasto intrecciato al collo impedendo l’arrivo dell’ossigeno al cervello innescando gravi conseguenze e problemi di salute.

Nelea ha lottato con Iulian sin dall’inizio, affrontando numerosi ostacoli e difficoltà nel cercare cure adeguate e il supporto medico necessario. La diagnosi di Iulian è arrivata solo quando la madre si è potuta rivolgere ad un ospedale privato. Nonostante la difficoltà della notizia, Nelea ha continuato a sperare, cercando incessantemente terapie e cure per migliorare la qualità della vita di suo figlio.

Tuttavia, la situazione è diventata sempre più difficile nel corso degli anni. Le cure erano costose, e la mancanza di supporto ha messo a dura prova la loro famiglia. Nelea ha dovuto lasciare il lavoro per prendersi cura di Iulian, portando a grandi difficoltà economiche ed emotive. La decisione di venire in Italia è stata difficile, ma dettata dalla necessità di trovare aiuto per Iulian e garantire un futuro migliore per entrambi.

Dopo un lungo e travagliato viaggio Iulian e Nelea sono riusciti ad arrivare a Firenze, accolti presso Casa Matilde di Fondazione Caritas. Il loro viaggio verso Firenze è stato travagliato, ma hanno trovato un raggio di speranza grazie alla Fondazione Caritas e all’accoglienza presso Casa Matilde. L’assistenza medica e l’amore ricevuti presso l’ospedale Meyer e hanno segnato un punto di svolta e di speranza nella vita di Iulian. Grazie all’intervento chirurgico per il PEG (Percutaneous Endoscopic Gastrostomy), ha iniziato a nutrirsi in modo appropriato, migliorando visibilmente il suo peso e la sua salute.

“Ringrazio tutti coloro che hanno dimostrato un sincero interesse nel prendersi cura di Iulian, lavorando con il cuore e non per soldi.
Italia, questa parola per me vuol dire tante cose: dottori, infermieri, assistenti sociali, Caritas, le persone dell’ufficio immigrazione, tutti ci hanno aiutato per migliorare la vita di Iulian, tutti hanno messo il cuore nel loro lavoro per aiutarci”

La comunicazione con Iulian è un elemento cruciale: Nelea lo osserva attentamente per capire tutte le sue esigenze, interpretando i segnali del figlio per assicurarsi che riceva la migliore cura possibile. Questo è stato fondamentale anche per aiutare i medici a comprendere alcuni sintomi e migliorare le cure.
Iulian ha stabilito forti legami affettivi con le persone che ha intorno e che si prendono cura di lui:

“Iulian si è affezionato molto alle persone di Casa Matilde. Quando sente le voci dal corridoio, comincia a sorridere, sa che vengono a salutarlo ed è felice. È un bambino positivo, non è stato mai capriccioso. Per lui è molto importante avere le persone vicine a lui. Io credo che la terapia più importante per lui sono io. Da quando siamo qui, siamo sempre stati insieme.”

La testimonianza di Nelea è un inno alla forza e alla determinazione di una madre che lotta per il benessere del proprio figlio. La storia di Nelea e Iulian ci ricorda l’importanza di un sistema sanitario inclusivo, in grado di offrire sostegno a coloro che ne hanno più bisogno.

Nonostante le avversità, la speranza e il supporto possono trasformare la vita, portando un raggio di luce anche nelle situazioni più buie. L’impegno di persone e istituzioni può fare la differenza nella vita di chi vive con disabilità, aprendo le porte a un futuro migliore e più dignitoso.